lunedì 9 marzo 2015

Serie televisive: House of Cards.

-Per l'irresistibile cattiveria di Frank Underwood;
-Perchè capire gli intrighi della politica, quella della fiction e quella, ahimè, reale.
-Per la bravura del cast di attori;



Rendere la politica interessante non è semplice.
La politica non è fatta di soluzioni, di bisogni e di doveri morali.
La politica è fatta di burocrazia, di corruzione, di domande inevase e di lassismo. Il non cambiare niente di Gattopardiana memoria.
Però la politica è anche intrighi e passioni, gelosie e sentimenti debolezze umane, ambizioni e pochi scrupoli. E fascino, terribilmente fascino.
Questi sono i pilastri della serie televisiva House of Cards.


Dopo l'elezione del presidente degli Stati Uniti d'America, il deputato democratico Frank Underwood (un sorprendente Kevin Spacey) reclama quello che gli era stato promesso in campagna elettorale, ma viene disilluso dalla nuova amministrazione. Frank cercherà con alleanze e sotterfugi di ottenere il successo politico tanto ambito, senza risparmiare nessun colpo basso (politico e non), per ottenere il suo scopo. Per fare questo il deputato si servirà della moglie Claire (Robin Wright) a capo di una società no-profit ambientalista e la giovane giornalista Zoe Barnes (Kate Mara). Il ruolo dei media, delle lobby industriali/associazioni ecologistiche e ruoli politici sono tre protagonisti dei complotti e delle alleanze (talvolte tradite) della trama di House of Cards.


La serie televisiva è corale: i personaggi sono tutti pezzi molto importanti di una scacchiera dove il re indiscusso è Underwood. Proprio come negli scacchi ci sono pezzi che vengono sacrificati. Il problema è che non è detto che ogni singolo pezzo giochi per il colore del re e che la scacchiera venga più volte ruotata.


House of Cards è prodotta negli USA per il canale online Netflix (proprio come Orange is the New Black) ed è un adattamento di una miniserie televisiva della BBC, a sua volta basata su una serie di romanzi di Micheal Dobbs, in passato consigliere della Thatcher. I romanzi infatti parlano del partito conservatore britannico e non del partito democratico americano. Tra i fan più famosi ci sono Barack Obama che ha detto che vorrebbe il cinico protagonista nella sua squadra di governo per la velocità di azione di Spacey/Underwood e il nostro primo ministro Matteo Renzi. Quando Dobbs ha saputo che Renzi era un fan della serie tanto da proporla alla scuola di politica del PD come case study, Dobbs gli ha regalato una copia del libro dicendo che non è un manuale di istruzioni.

Non sarà un manuale di istruzioni come dice il suo creatore, però seguendo la trama non sempre semplice (parliamo sempre dell'ostica e burocratica politica americana) di House of Cards e in particolar modo seguendo l'ego smisurato e cinico di Kevin Spacey (bravissimo quando parla con gli spettatori spiegando quali sono i veri pensieri con piccoli monumentali monologhi) si riesce a capire un po' meglio il nostro fiorentino capo dello stato, le sue mosse e i suoi giochi di potere.

State sereni, Frank Underwood è solo fiction.




MG.

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