martedì 25 novembre 2014

Photolux 2014: il World Press Photo a Lucca.

- Per avere un'ampia panoramica dello stato della fotografia nel mondo;
- Farsi coinvolgere senza commiserare dai reportage fotografici;
- Per vedere come si può raccontare una o più storie in un semplice scatto;

Per il decimo anno consecutivo il World Press Photo torna a Lucca dal 22 novembre fino al 14 dicembre e trasformando la provincia toscana in una città di fotografia. Insieme all'esposizione del concorso fotografico più famoso al mondo, la manifestazione Photolux 2014 organizza incontri e workshop con fotografi, direttori di testate culturali, photo-editor e proiezioni di film come "Il sale della Terra" di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado ispirato al fotografo Sebastião Salgado. Il programma degli incontri e eventi si può scaricare da qua.


Il fulcro principale del Photolux 2014 è l'esposizione dei vincitori per le varie categorie del World Press Photo. Il vincitore assoluto dell’edizione di quest’anno è l’americano John Stanmeyer della VII Photo Agency, la fotografia dei migranti africani sulla riva della città di Gibuti di notte, che alzano i loro telefoni per cercare di catturare un segnale dalla vicina Somalia, un tenue legame con i parenti all'estero. Gibuti è un punto di sosta comune per i migranti in transito da paesi come la Somalia, l'Etiopia e l'Eritrea, in cerca di una vita migliore in Europa e nel Medio Oriente.



Sono tante le foto che raccontano gli eventi  nella loro drammaticità senza raccontare per forza la compassione, cercando piuttosto l'orgoglio di chi è in difficoltà. Come il progetto "Heptathlon and cancer" di Peter Holgersson primo classificato nella categoria Sports Feature , 1st prize stories, dove racconta la bellezza della sfida dell'atleta Nadja Casadei nella sua lotta contro il cancro e il suo incessante allenamento anche nel periodo delle cure. Oppure gli scatti su "Typhoon survivors" di Philippe Lopez che mostra le donne delle Filippine con le statue religiose dopo l'abbattimento del tifone sulle loro terre che ha causato lo sfollamento di oltre 4 milioni di persone. Non sono immagini di disperazioni, ma di fierezza nello sguardo delle donne.




Foto che raccontano storie di tutti i giorni come i ritratti dei culturisti egiziani con le loro madri del fotografo francese Denis Dailleux per il progetto Mother and Son. Oppure storie di ordinaria follia il caso molto discusso della fotografa Sara Lewkowicz: l'artista americana ha seguito una famiglia americana per mesi fotografando una coppia con una bambina, quando il padre ha avuto atti di violenza verso la madre lei non è intervenuta, il progetto si chiama A Portrait of Domestic Violence.




Lascia un po' perplessi la mostra Saudade Moon di Paolo Marchetti, il vincitore della scorsa edizione del prestigioso concorso fotografico Leica Photographers Award. Il progetto mostra un Brasile insolito, naturalisticamente molto bello, ma con scatti in bianco e nero, freddi e talvolta pieni di dolore. Un Brasile quasi irreale rispetto ad una nazione piena di colori e gioia (nonostante la diffusa povertà), uno spirito orgoglioso ignorato per far posto a una visione lunare insolita e distaccata.


 MG.

giovedì 6 novembre 2014

Torna l'onda noir di David Lynch con The Factory Photographs.



-Per farsi trascinare dalle atmosfere oniriche "Lynchiane"
-Per non lasciarsi sfuggire uno spazio che può far invidia a una metropoli Europea.
-Perchè una volta usciti, avrete voglia di riprendere in mano la vostra macchina analogica.




È tornato David Lynch.
Non con un nuovo film, né con il sequel di Twin Peaks, neanche con un nuovo album, ma con una  mostra fotografica dal titolo David Lynch: The Factory Photographs, che dal 17 settembre al 14 dicembre troverete al MAST (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia) Centro Polifunzionale di Bologna. L'esposizione è curata da Petra Giloy-Hirtz, in collaborazione con MAST e The Photographers' Gallery.

Centoundici scatti in bianco e nero di luoghi abbandonati e fumosi, geometrie intriganti, comignoli e ciminiere  di fabbriche silenziose e decadenti, cortili abbandonati, foto scattate tra il 1980 e il 2000 a Berlino, in Polonia, New York, New Jersey e Inghilterra.

Lynch ha il potere di rinnovarsi in ogni forma d'arte a cui si approccia e la sua poetica traspare come un marchio di fabbrica, sprigionata dalla grana delle sue foto, esclusivamente in bianco e nero.
Nella prima sala, una sua citazione ci spiega il suo rapporto con l'oscurità, che ancora una volta è un tema centrale del suo lavoro.
Abbiamo tutti una zona d'ombra con cui spesso è difficile  mettersi in contatto, è buia, fa paura e rinchiude disagi e rancori, dubbi e ingiustizie subite.
Proprio attraversando il buio, spiega Lynch, che prende forma ciò che temiamo e di conseguenza si fa più chiaro quello di cui  non possiamo fare a meno.
E alla fine anche il buio è illuminante.


(David Lynch, Untitled, (Łódź), 2000, Archival gelatin-silver print, 11 x 14 inches, © Collection of the artist)


Questo è il concetto che si cela dietro agli anfratti nascosti delle fabbriche abbandonate di Lynch. Luoghi silenziosi in cui una volta risuonava il boato incessante delle macchine industriali e che ora sono dominati da un silenzio inquietante, che fa riflettere sul passato e sul presente.
Fanno parte della mostra una selezione dei suoi primi cortometraggi, meno noti al grande pubblico, che verranno proiettati a ciclo continuo all’interno del percorso espositivo: Industrial Soundscape, Bug Crawls, Intervalometer: Steps.



(Mark Berry, Portrait of David Lynch, Courtesy of the artist)

La fondazione Mast, nata nel 2013, promuove progetti di innovazione sociale e culturale, nasce da un intervento di trasformazione di una vecchia area industriale dimessa. II luogo e i contenuti della mostra, sembrano così tenuti insieme da un sottile filo rosso che collega il tutto. Ma c'è qualcosa che non quadra.
Il design in legno chiaro e trasparenze, che caratterizza la struttura innovativa della Gallery, contrasta nettamente con le atmosfere noir evocate dalle foto. Un paradosso o una provocazione?
Ovviamente, mistero.

Martina Traversi.

domenica 2 novembre 2014

LE DONNE DEL DIGIUNO contro la mafia

- per non dimenticare
- per celebrare
- per cambiare


Daniela Musumeci
 Fotografie di Francesco Francaviglia

Accanto all'entrata degli Uffizi c'è una chiesa sconsacrata che non sembra per niente una chiesa. Questo posto, dove sono esposti affreschi di Andrea Del Castagno, dipinti di Renato Guttuso, sculture di Marino Marini, fino al 9 novembre 2014, ospita una mostra fotografica, secondo me, meravigliosa.
Una mostra di ritratti, ritratti di donne ma non donne qualsiasi.
Sono donne ribelli, quelle che nel 1992 scioperarono, in modo silenzioso, per farsi sentire dal "marcio" e da chi quel marcio non è stato, tutt'ora, in grado di combatterlo…


Rosanna Pirajno
Letizia Ferrugia


Era il 1992, avevo 12 anni e di quel giorno ricordo solo tanto silenzio, dal nulla, un silenzio pesante, opprimente intorno, un silenzio che probabilmente stava sentendo tutta l'isola; 3 minuti dopo i TG straordinari annunciavano la strage di Capaci e solo 2 mesi dopo un'automobile esplodeva a Palermo, in via D'Amelio.
Morivano, oltre alle scorte di uomini valorosi, 2 uomini capaci di lottare contro un cancro che, purtroppo, ancora oggi e in svariati modi, corrode la Sicilia e l'Italia intera.

A Palermo nacquero associazioni, coordinamenti e proteste, tra cui questa di Piazza Castelnuovo, fatta dalle donne ritratte nelle foto.
A turno, a tre a tre, digiunarono per tre giorni, contro la mafia e contro chi, pur conoscendo i rischi, non aveva trovato il modo di evitare il peggio. Volevano dimostrare il desiderio di verità sperando in una società, in una Palermo, in uno STATO migliore… la loro era FAME DI GIUSTIZIA.


Daniela Dioguardi
 22 anni dopo, quelle donne si sono ritrovate davanti l'obiettivo di Francesco Francaviglia per ricordare la forza simbolica di quel gesto.
Sono quelle donne forti e coraggiose che si sono schierate a viso aperto contro la criminalità, che non hanno avuto paura e hanno lottato, come gli era possibile, contro l'omertà e, passatemela, lo schifo che regnava in quel periodo.

 


Dora Ruvolo
Francesca Traina

Ogni volto, adesso solcato dalle rughe, mostra, oltre ad un dolore intrinseco, tanta fierezza, forza e audacia, la stessa che hanno avuto 22 anni fa, sono donne che non sono cambiate dentro, che sfidano ogni giorno la paura e il triste ricordo, purtroppo ancora enigmatico, che avvolge quei giorni… perché dopo tutto questo tempo, la verità su quelle stragi, non è ancora saltata fuori…

marel