domenica 23 marzo 2014

Prato Dorata Stampa-finale di Valentina Baroncelli

-Per il fascino della EX-TYPO;
-Per la bellezza delle opere esposte;
-Per l'importanza di queste iniziative per un rinascimento culturale, oltre che industriale;

Cosa c'è di più adatto di una vecchia tipografia dismessa come location per una mostra di incisioni con soggetto le vecchie fabbriche pratesi?

La tipografia è quella in via dei Tintori 12 a Prato, la Ex Tipolito Artestampa, chiusa e abbandonata, che viene riaperta come spazio espositivo per questa mostra; inaugurata il 22 marzo, proseguirà fino al 26 aprile. L'ambiente è austero e grigio, niente è stato cambiato, poco è stato toccato dalla chiusura della tipografia, eppure tutto ha un suo fascino, si può ancora percepire il lavoro svolto in quell'ambiente, il mondo tipografico è la via di mezzo tra l'eleganza dell'arte e il naturale sporco dell'industria, tra grafica, incisione e stampa. Il tutto accompagnato dalla musica di Monoki e l'arte visual di Hamaranta.



Il lavoro di Valentina Baroncelli parte, come spiega nel catalogo Monia Nannini, da fotografie fatte dall'artista in momenti precisi della giornata a paesaggi industriali abbandonati, vecchie fabbriche e capannoni. Poi il lavoro passa all'incisione delle lastre e ad una successiva lenta lavorazione di stampa  in acquaforte, acquatinta e ceramolle. Un lavoro manuale, non industriale come quella della tipografia dove l'artista espone.

Nelle incisioni vengono rappresentati i luoghi di un futuro dorato della città di Prato, luoghi abbandonati che attendono, forse da troppo tempo, un riutilizzo dello spazio, come quello della tipografia. Il tratto delle incisioni non è però malinconico a ricordare un tempo che fu, è più una mano sincera, dura e poetica. Quasi più a vedere la bellezza di un presente che la tristezza di un passato, che forse più non tornerà.


MG.

martedì 18 marzo 2014

QUESTIONI DI FAMIGLIA - Vivere e rappresentare la famiglia oggi

-Per una visione contemporanea del concetto di Famiglia;
-Per uscire dalla mostra con sensazioni nuove;
-Perchè "Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo". Lev Tolstoj. Anna Karenina. 


Artisti: Guy Ben-Ner, Sophie Calle, Jim Campbell, John Clang, Nan Goldin, Courtney Kessel, Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini, Trish Morrissey, Hans Op de Beeck, Chrischa Oswald, Thomas Struth.

La Strozzina, Centro di Cultura Contemporanea di Palazzo Strozzi a Firenze, è una delle realtà espositive più interessanti sull'arte contemporanea in Toscana. Ogni mostra elabora un tema, affidandolo a una serie di artisti che lo interpretano con installazioni, video e fotografie.

La mostra "QUESTIONI DI FAMIGLIA - Vivere e rappresentare la famiglia oggi" inaugurata il 13 Marzo è una riflessione sulle dinamiche parentali, sui suoi lati nascosti, sul "non detto" dei nuclei familiari.

Gli artisti internazionali decostruiscono o amplificano il concetto di famiglia, concentrando il focus sui rapporti, sui problemi, sulle distanze geografiche o psicologiche e affrontando temi non semplici da accettare in ambiti familiari come le separazioni, la morte e il sesso.



Il fotografo tedesco Thomas Struth ritrae le famiglie all'interno delle proprie case nella serie Familienben con la dichiarazione che la "La propria famiglia non è qualcosa che si può scegliere", mentre Hans Op de Beeck decostruisce le famiglie in video fuori fuoco, togliendo tutti i riferimenti culturali e sociologici, vestendo i protagonisti di bianco e inserendo degli "assistenti di produzione" vestiti di nero.


Gli italiani Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini nell'installazione "Ecco il guaio delle famiglie. Come odiosi dottori sapevano esattamente dove facevano male" ricreano un'austera casa con mobili vintage che richiamano un tempo passato e spesso una frattura (sia psicologica che fisica - quella dei piatti sulla tavola). La narrazione avviene in questo caso attraverso un giradischi, un telefono che squilla e una radio, che raccontano momenti autobiografici cupi, confessioni familiari come piccoli frammenti di una buia scenografia.




Più ironica è la visione della fotografa Trish Morrissey, che si sostituisce alle madri nei ritratti di famiglie al mare. Prendendo il posto delle donne come un'intrusa, l'artista ne assume le sembianze con vestiti e acconciature di chi prende il posto e lasciando un velo impercettibile di perplessità negli altri familiari.

Alcune opere spiazzano o infastidiscono chi le guarda, come i video di Chrischa Oswald "Mother Tongue" (giocando sul concetto di "Lingua Madre / Madre Lingua / Lingua della Madre" che ritraggono madre e figlia che si leccano il viso: un gesto di affetto nel regno animale, antigenico nel mondo degli uomini.

Le opere realizzate da John Clang sono piccoli capolavori. Fotografie realizzate con famiglie separate, una parte della famiglia è fisicamente nella propria stanza, l'altra è proiettata su muro via Skype. Un tema molto sentito quella della lontanza geografica/vicinanza comunicativa, attraverso l'uso dei nuovi media.


Una mostra nel complesso che può stupire, mettere ansia o infastidire a seconda del trascorso familiare di chi fruisce l'opera. Ma in fondo creare sensazioni, positive o negativa, non è uno dei compiti fondamentali dell'Arte?

MG.

sabato 8 marzo 2014

Monuments Men

- Perché l'arte è parte della storia di un popolo
- Per la bellezza di una storia vera
- Perché l'emozione che da un'opera d'arte non può darla nessuno

 


Basato su una storia vera, questo film, con la regia di George Clooney, racconta di 7 uomini americani, tutti esperti d'arte, assoldati durante la seconda guerra mondiale per salvare le opere d'arte che i nazisti trafugavano e restituirle ai legittimi proprietari.
Una missione che fa onore a questi ultimi se non fosse che, in realtà, per compierla, proprio loro hanno distrutto opere architettoniche che, probabilmente oggi sarebbero l'ennesima attrattiva europea.

Una missione compiuta per salvare la storia, la nostra storia, quella che oggi ci permette di sapere chi siamo e che Hitler avrebbe voluto cancellare con la sua caduta.
Il progetto del Führer, fortunatamente fallito, era quello di costruire un mega museo (Führer museum) e riempirlo con tutte le opere d'arte degli artisti più importanti mai esistiti, un'unica attrattiva nella sua Germania ideale.




Un bel principio quello di rischiare la propria vita e morire per l'arte, un principio che al giorno d'oggi ci fa pensare parecchio, un pensiero riferito all'Italia e a quello che sta succedendo alla cultura - solo l'idea che si possa cancellare la storia dell'arte nelle scuole significherebbe cancellare la nostra storia - creando ignoranza e superficialità.

Un cast di uomini ben assortito ad interpretare "eroi" che probabilemente avrebbero dovuto avere più spazio (George Clooney, Matt Damon, Bill Murray, John Goodman, Jean Dujardin, Bob Balaban, Dimitri Leonidas) con un unico personaggio femminile, una brava e austera Cate Blanchett (Claire Simone), curatore museale a Parigi, che fornisce un importante aiuto a Matt Damon (James Granger) (e ai monuments man) nel ritrovamento e la ricatalogazione delle opere trafugate.

Un film che, "nonostante la guerra" risulta leggero a tratti simpatico, romantico e nostalgico e probabilmente, per tutto quello che ci sarebbe stato da raccontare, anche troppo breve.


Madonna di Bruges - Michelangelo
Dama con l'ermellino - Leonardo Da Vinci


marel