martedì 26 febbraio 2013

L’isola delle Rose.



Sabato 23 febbraio al Teatro Impavidi di Sarzana

Scritto da Claudia Ceroni, Mauro Monni e Giovanni Palanza.

Regia e attori Mauro Monni e Giovanni Palanza.


-Per la bellezza di un’utopia;
-Perché l’utopia diventa realtà;
-Per la bravura dei due attori.




Nel 1968 in pieno clima rivoluzionario, l’ingegnere bolognese Giorgio Rosa (Mauro Monni) propone al suo amico e confidente Pietro (Giovanni Palanza) la sua idea di fondare una nazione tutta sua: l’Isola delle Rose. Al largo della riviera romagnola, in acque internazionali ma facilmente raggiungibile da Rimini, l’ingegner Rosa vuole costruire una piccola piattaforma di 20x20mq, alta cinque piani per i turisti, gli avventurieri e i sognatori. Perché l’ingegner Rosa è un sognatore, che immagina una sua micronazione lontana dalle “rivoluzioni dei capelloni” ma anche dalla società omologatrice e convince Pietro a lasciare sua moglie a Bologna e tentare questa folle impresa.



Così quello che sembra impossibile si realizza, forse per ora non i cinque piani pensati da Rosa, ma l’isola piattaforma viene costruta e i due compagni sognatori, come moderni Don Chisciotte e Sancho Panza, diventano rispettivamente il Presidente e il Ministro delle Poste. Surreali quanto la Nazione di 20mq che rappresentano.


Battute e citazioni colte (come il già menzionato Cervantes), vecchie canzoni e la sana ironia (presente nei Match d'Improvvisazioni teatrale che i due conoscono molto da vicino) condiscono tutto lo spettacolo in una continua serie di risate.
Tra panfili che passano e salutano, i problemi d’inaugurazione di un nuovo stato con lingua ufficiale esperanto, la bandiera usata come straccio, l’inno (“qualcosa di grande e di piccolo contemporaneamente” indovinate quale canzone dei Pooh viene scelta?), i problemi fisici di una micronazione e problemi con l’Onu, il sogno utopico di Rosa è diventato realtà, ma si deve fronteggiare con altre realtà più solide, lo Stato Italiano in primis.


Ci sono due considerazioni finali:

-         La cosa più incredibile è che la storia dell'Isola delle Rose e del suo ambizioso ideatore è vera (non molti la sanno), la potete leggere qui. Certo, gli autori l’hanno resa più poetica e sognante, Giorgio Rosa era un ex-repubblichino di Salò con fini meno poetici e più economici.


-          Il talento di questi due attori fa si che uno spettacolo di solo due persone, uno spazio così claustrofobico (che a tratti mi ha ricordato il minuscolo pianeta del Piccolo Principe) sia ironico e esilarante, ma al tempo stesso intenso e ricco di emozioni.
      I due monologhi finali sull’utopia e sull'infelice destino di chi distrugge un’utopia sono attuali come non mai nei giorni che stiamo vivendo.


 MG.

Nessun commento:

Posta un commento