lunedì 14 gennaio 2013

“Io non sono lei/ Una mela marcia rende marcio tutto il paniere” di e con Francesca Sarteanesi.


Officina Giovani - Re-think festival - Domenica 6 gennaio 2013



  • Per goderne dell’intensità emotiva
  • Per indossare il nostro abito bianco
  • Per la questione del “debito”

Questo progetto nasce da un incontro casuale, fatto all’interno del centro di attività espressive “La Tinaia” di Firenze. “Ho incontrato una signora di una settantina d’anni ormai suonati". Lei ha elaborato un trattato attraverso undici tavole disegnate e scritte dove racconta la sua esperienza con la psichiatria. Ad ogni medicinale assunto corrisponde un disegno. Ogni tavola descrive con amarezza ed ironia come il suo corpo e la sua mente abbiano reagito ad ogni singolo farmaco da lei stessa consapevolmente ingerito.                                                                           F. Sarteanesi

Quando una rappresentazione ha una matrice umana tangibile ed ancor più se tale matrice tesse fitte tele di sofferenza e coraggio, ecco, mi sento sempre in dovere di esser ancor più vigile e totalmente presente verso ciò che ho davanti. È come se dietro la rappresentazione si creasse una sorta di debito non solo verso chi la realizza sul momento ma anche nei confronti di chi l’ha vissuta precedentemente. Anche per questo motivo ho voluto riportare le parole dell’ideatrice e protagonista del lavoro. Il “materiale umano” va conservato e valorizzato.              
Preciso di aver visto solo un estratto del progetto che mi ha comunque incuriosita oltreché convinta.
Nella performance, ancor prima che l’attrice entri in scena, lo spettatore viene colpito visivamente da un drappo bianco che riempie lo spazio e solo in un secondo momento l’occhio vi scopre un vestito semplice, intuitivamente morbido ma altrettanto pesante da portare da soli. Il modo in cui ingenuamente e delicatamente viene indossato commuove e turba al tempo stesso. Paradossalmente rispetto a ciò che la taglia umana criticherebbe, risulta altrettanto evidente che sia il suo “abito”.
In questo modo la protagonista Ci parla; di sé, di quello che l’assunzione di farmaci le ha portato, ma anche di noi. E non c’è alcun modo di sfuggire come emerge dal continuo risuonare di nomi… il mio, il tuo, quello dello spettatore dietro di te…
Francesca Sarteanesi non appare mai sopra le righe, prudente nella gestualità senza quegli eccessi edulcorati che rischierebbero di cadere nel patetico, elegante e rispettosa senza perdere quell’intensità che riesce a persuaderti.
Restano interrogativi; una mela marcia rende marcio tutto il paniere? Anche se mi domando ancora quale sia la mela marcia e, principalmente, una mela prima di marcire, che mela è?


Rizzosi

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